L’exploit di visitatori opportunità da governare

di Andrea Di Consoli
Venerdì 29 Marzo 2024, 00:00 - Ultimo agg. 06:00
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Questi giorni di Pasqua si preannunciano importanti dal punto di vista dei flussi turistici. In Campania sono attesi 266mila turisti, mentre a Napoli 174mila. Nel solo capoluogo, il giro d’affari complessivo sarà di oltre 60 milioni di euro. Parlare della Napoli contemporanea, ormai, significa anzitutto parlare di turismo. Non è pensabile comprendere la città com’è oggi prescindendo da uno dei più macroscopici cambiamenti avvenuti negli ultimi decenni. Il “boom turistico” iniziato circa dieci anni fa ha significato trasformazioni profonde. Proviamo a elencarne alcune.

Il turismo ha significato crescita economica e aumento del reddito pro-capite. Ha comportato un ridimensionamento della “zona grigia” – zona di confine tra economia sana ed economia malata, tra attività lecite e illecite. Ha rappresentato uno straordinario processo di contaminazione tra il mondo e tutti i segmenti sociali della città di Napoli. Ha determinato un meccanismo virtuoso di valorizzazione, riqualificazione e rilancio di spazi urbani pubblici e privati. E, infine, ha migliorato la generale offerta di lavoro sano, e migliorato i dati sull’occupazione.

Ma il turismo di massa ha anche comportato conseguenze negative. Sono cresciuti straordinariamente i prezzi delle case – sia in vendita che in affitto. Sono proliferate a dismisura pizzerie e friggitorie a discapito di botteghe artigiane e librerie. Durante i giorni di maggiore afflusso i servizi vanno spesso in tilt. E, da ultimo, la tassa dei rifiuti grava principalmente sui privati cittadini, essendo altamente evasa dai commercianti.

Luci e ombre, insomma. Ma a essere cambiato, in generale, è il volto della città. Oggi Napoli è una città più moderna, più sicura, meno sporca, più internazionale. Ed è una città che valorizza sempre meglio il proprio patrimonio storico, artistico e archeologico. Inoltre, è sempre meno forte la sensazione, arrivando in città, di sentirsi catapultati “in un altro mondo”, perché anche a causa del turismo si sono affermati meccanismi capillari di omologazione culturale e di normalizzazione comportamentale.

E tuttavia a pagare il prezzo più alto di questa gigantesca mutazione strutturale sono tutti quei napoletani che non vivono direttamente di turismo. Certo, anche loro beneficiano indirettamente dei vantaggi che comporta un turismo così imponente – maggiore sicurezza, miglioramento della manutenzione del tessuto urbano, maggiori risorse economiche in città – ma non sono pochi i disagi che sono costretti a subire. Anzitutto l’aumento dei cosi delle abitazioni. E poi l’aumento del costo della vita.

Perché a Napoli, dopo una prima fase di turismo a basso costo, oggi si assiste a un generale aumento dei prezzi, soprattutto nella ristorazione, e questo danneggia principalmente il popolo napoletano. Fenomeni che si registrano da anni in tutte le città d’arte italiane, da Venezia a Firenze. Motivo per cui non auguriamo a Napoli il loro stesso destino turistico, visto che a Venezia e a Firenze i residenti, di fatto, sono stati sfrattati dal turismo. Spetta al Comune, in un simile contesto in così rapida trasformazione, garantire ai napoletani servizi di prima qualità, e tutelare convintamente tutte quelle attività – culturali, sociali, economiche e ricreative – che rappresentano identità, coesione sociale, vivibilità quotidiana, senso di appartenenza. Perché è vero sì che i turisti devono essere accolti con sempre maggiore attenzione e professionalità, ma senza dimenticare che anche i napoletani devono sentirsi “padroni” a casa loro, e non soltanto proprietari provvisori di case adocchiate da società a caccia di appartamenti da trasformare in B&B. Indietro non si torna, e non avrebbe alcun senso un atteggiamento nostalgico rispetto al passato o resistenziale rispetto a questa modernità turistica. Ma Napoli non può diventare invivibile per i napoletani, e deve trovare subito una sintesi solida e duratura tra le ragioni del turismo e le ragioni dei napoletani non direttamente coinvolti nel turismo. Altrimenti è alto il rischio di una città inesorabilmente condanna a diventare città-vetrina, città-ristorante, città-simulacro, fino al punto di dover recitare per intrattenere i turisti non solo la napoletaneria, ma finanche la più nobile napoletanità.

Al Comune, dunque, spettano compiti straordinari. Non soltanto gestionali e amministrativi – garantire servizi all’altezza di una città ormai diventata internazionale – ma anche politici, perché a Napoli non deve accadere ciò che è avvenuto a Venezia e a Firenze, dove il turismo ha creato ricchezze enormi, ma di fatto ha dato il foglio di via al popolo. E tuttavia grandi compiti spettano anche ai cittadini, che devono impegnarsi, ora più che mai, per difendere tutti quegli spazi vitali – da quelli artigianali a quelli culturali, da quelli sociali a quelli solidali – che rappresentano l’anima profonda e quotidiana della comunità napoletana. Non per fare “donchisciottescamente” la guerra al turismo – che sta facendo bene alla città – ma per provare a realizzare una più equilibrata e avanzata convivenza tra residenti e viaggianti.

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