Cdm, Meloni ai ministri: «Una Manovra senza sprechi, facciamo scelte politiche»

Il discorso del premier nel primo Consiglio dei ministri post vacanze: priorità a famiglie e imprese

Cdm, Meloni ai ministri: «Una manovra senza sprechi, facciamo scelte politiche»
Cdm, Meloni ai ministri: «Una manovra senza sprechi, facciamo scelte politiche»
di Francesco Malfetano
Martedì 29 Agosto 2023, 00:00 - Ultimo agg. 17:25
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«Questo è un governo politico e i governi sono politici se scelgono e si assumono le loro responsabilità» compiendo «scelte di rottura con il passato». A suonare la campanella per il ritorno in classe dell’esecutivo è Giorgia Meloni. Per farlo - oltre a tracciare un bilancio del (quasi) primo anno trascorso a palazzo Chigi - la premier ha deciso di spronare i suoi ministri «a fare di più e meglio» rispetto ai 10 mesi passati. Ma soprattutto, in un lungo intervento che ha preceduto il Consiglio dei ministri di ieri assumendo quasi la forma di un comizio a porte chiuse, Meloni ha provato a dettare la rotta. A partire, ovviamente, da quella che considera «la più politica delle leggi», la legge di Bilancio. Le priorità da seguire in questo caso sono chiare: «supportare la crescita», «aiutare le fasce più deboli», «dare slancio a chi produce» e «mettere soldi in tasca a famiglie e imprese». Il tutto, com’è ormai noto, partendo dal tentativo di rendere il più possibile strutturale il taglio al cuneo fiscale.

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La missione però non è affatto semplice.

Citando a più riprese il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti, con cui la sintonia appare totale anche nel tentativo evidente di “contenere” qualche fuga in avanti dei colleghi, la premier quindi sottolinea che «la congiuntura si sta facendo più difficile, a partire dal rallentamento dell’economia tedesca che si ripercuote in tutta Europa e sul nostro tessuto industriale». Al netto dei buoni risultati conseguiti («dati sull’occupazione ottimi», «spread basso», un Pil che «nel primo semestre ha sorpreso tutti gli analisti» e «l’andamento positivo dell’entrate fiscali»), Meloni è molto esplicita: «Dobbiamo tenere i piedi a terra» e usare «le risorse disponibili con la massima attenzione». Coperta e coperture infatti sono corte. I margini di errore inesistenti. Tant’è che per la prima scadenza per la Manovra - la presentazione alle Camere della Nadef è prevista il 27 settembre - la premier chiede a tutti «serietà» e puntualità.

LE PROPOSTE
Centrare gli «obiettivi programmatici» delineati all’interno dei programmi elettorali di Fratelli d’Italia, Lega e Forza Italia, passa per un coordinamento pressoché inscalfibile tra tutti i protagonisti del governo. «Chiedo a tutti i Ministri di far arrivare al Mef le proposte, quanto più dettagliate possibili, in modo da avere un quadro completo» è il richiamo all’ordine di Meloni. Per di più seguito da un ulteriore monito: «Le poche risorse che abbiamo devono essere spese al meglio». Vale a dire che, per raggranellare quei 25/30 miliardi necessari, bisogna puntare anche al taglio «di sprechi e inefficienze». «Quello che vi chiedo di fare non è una semplice spending review o un elenco di voci da tagliare ma di far tornare il più possibile la politica». E qui sta il senso dell’intero (lungo) intervento meloniano. L’invito - più o meno amichevole nei torni - è a prendere delle decisioni che consentano di «cambiare direzione» e «rompere lo status quo che abbiamo ereditato». 

Un affondo quasi spallettiano («Uomini forti destini forti...») con cui la premier chiede di prendere in mano il futuro. «Se ci sono misure che non condividiamo politicamente, quelle misure non vanno più finanziate e le risorse recuperate utilizzate per gli interventi che sono nel nostro programma». Dal reddito di cittadinanza al salario minimo, le parole della Meloni sono un pungolo a plasmare il Paese secondo le istanze del centrodestra costruendo «una manovra incentrata sulle famiglie, sulla lotta alla denatalità e sui sostegni alle fasce deboli».
In pratica la premier rispolvera la vecchia retorica della crisi e dell’opportunità. Anche perché, altrimenti, il rischio è che «disastri» come il Superbonus 110% si sovrappongano. Proprio contro i bonus edilizi introdotti dal Governo Conte 2 (compreso il bonus facciate), la Meloni elabora la sua offensiva più ficcante: «Nel complesso dall’Agenzia delle Entrate ci dicono esserci più di 12 miliardi irregolarità. Grazie a norme scritte malissimo si è consentita la più grande truffa ai danni dello Stato. Noi dobbiamo occuparci di coloro che, per queste norme, ora rischiano di trovarsi per strada». Tradotto: facciamo in modo di trovare più risorse possibile. Tant’è che nella successiva conferenza stampa con il sottosegretario di Stato Alfredo Mantovano, il ministro alla Cultura Gennaro Sangiuliano e il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi, è sempre Giorgetti a chiarire che - in attesa di definire quali saranno concretamente i prossimi paletti europei nel nuovo Patto di Stabilità comunitario - anche l’idea di ridare slancio alle «privatizzazioni» su cui da giorni batte il vicepremier Antonio Tajani è da considerarsi tutt’altro che peregrina. «Potrebbero esserci partecipazioni da cui è necessario disinvestire» è la posizione possibilista del leghista. 

Al netto della gestione dei dossier più caldi (Tim e riforme costituzionali), delle emergenze (migranti e Caivano) o dei capitoli “complessi” non sfiorati nel suo discorso (extraprofitti bancari, ricostruzione post alluvione, Mes e Pnrr), per la premier quanto per l’intero governo, la stella polare pare quindi essere la volontà di superare la situazione di «eccezionalità» dello scorso anno (quando «abbiamo dovuto scrivere la legge di bilancio in pochissimo tempo») e caratterizzare maggiormente l’operato del governo. «Ora abbiamo maggiore esperienza» conclude Meloni. «Da tutto si impara, soprattutto dagli errori». 
 

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