Eduardo Scarpetta, «Vas» e le relazioni virtuali: «Prigionieri della rete, siamo tutti hikikomori»

«Erotismo, sangue e solitudine nella storia di due ragazzi che comunicano solo via web, instaurando una relazione virtuale»

Eduardo Scarpetta e Gianmaria Fiorillo sul set di «Vas»
Eduardo Scarpetta e Gianmaria Fiorillo sul set di «Vas»
di Alessandra Farro
Venerdì 26 Aprile 2024, 07:00 - Ultimo agg. 27 Aprile, 07:48
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Uno dei parametri usato in medicina per stimare l’intensità del dolore nei pazienti e stabilire l’entità del sollievo dallo stesso è la «visual analogue scale», da qui «Vas», il titolo dell’esordio alla regia del napoletano classe ’90 Gianmaria Fiorillo con protagonista il trentunenne Eduardo Scarpetta insieme a Demetra Bellina (udinese, 1995).

Camilla (Bellina) è agorafobica, si rintana nella sua stanza a Milano, scrivendo un romanzo d’amore tra una ragazza con cui condivide il nome e un ragazzo di sua invenzione, Matteo.

Quando viene contattata sui social da un napoletano, Matteo, gli permette di entrare nella sua vita, rapita dall’assurda omonimia. Anche lui non abbandona mai la sua camera, perché hikikomori. I due cominciano un’insana relazione virtuale.

Le riprese napoletane del film (girato da una troupe under 35 e prodotto dalla romana Al One e dall’indipendente campana Meleagris Film) sono terminate questa settimana, tra il centro storico (via dei Tribunali, piazza San Domenico, piazza Nazionale) e Afragola, per trasferirsi a Milano per gli ultimi giorni di set. 

Scarpetta, chi è Matteo?
«Rappresenta appieno le patologie che soffrono gli hikikomori: è una persona estremamente intelligente, che si richiude in se stessa e rimane segregata nel suo appartamento per paura di scontrarsi con la società. Potenzialmente ha grandi capacità per affrontare il mondo, ma l’ansia sociale non gli permette di uscire da casa. Lavora poco, perché farlo implicherebbe mantenere un rapporto con il mondo esterno, e si rifugia nei social, dove intrattiene una serie di conversazioni erotiche con persone conosciute su chat e siti di incontri, gioca ai videogiochi e poi nient’altro. Il suo avatar online è il suo scudo, lo salva e lo protegge dalla realtà. In qualche modo, Matteo rappresenta un po’ tutti noi, che ci sentiamo leoni da tastiera dietro al monitor del computer, però quando dobbiamo scontrarci a quattr’occhi con il prossimo non siamo in grado di reggere il confronto. Nel mondo reale ci sono tempi diversi di reazione, da cui la realtà virtuale ci allontana». 

Che cosa ha ha Camilla di diverso dalle altre persone conosciute nel web da Matteo?
«È unica, è impacciata, è ingenua. È dotata di una sensibilità particolare, che lo colpisce. Matteo stava cominciando a non provare più piacere nell’erotismo online, quindi, si sorprende che gli piaccia Camilla al punto da voler approfondire la loro conoscenza a prescindere dal sesso virtuale. Un giorno, per sbaglio, Camilla sanguina mentre sono in webcam e Matteo riscopre il piacere perduto, la cosa lo eccita. Da lì la storia si muove verso una sola direzione, la ricerca di un dolore crescente. Il film si sviluppa in un climax ascendente, un vortice che risucchia entrambi e da cui non riescono a uscire, fino a ragionare su soluzioni drastiche per mettere fine al loro rapporto».

Il film esplora i disagi dovuti all’isolamento e la difficoltà di stringere relazioni per gli hikikomori?
«Indaga questo fenomeno dilagante, che in Italia conta più di centomila casi, ma anche tutti i rischi rappresentati da un uso smodato dei social, come la creazione di un avatar che sostituisca la nostra identità reale. A volte ci dimentichiamo che il nostro doppio virtuale non raffigura la verità, ma una versione di noi stessi, sempre manovrata da noi. Non dovremmo mai confondere la realtà con il web. Questo è un film che racconta sia la storia d'amore e di sesso di due hikikomori, ma anche di un mondo online che prende sempre più pericolosamente il sopravvento sulle nostre vite».

Dopo «Carosello Carosone» di Lucio Pellegrini, in cui ha interpretato per Raiuni l’americano di Napoli, questo è il suo secondo film da protagonista.
«È il mio primo ruolo principale in un’opera prima. Inseguo Fiorillo da 5 anni per girare. La prima volta me ne parlò durante le riprese di “L’amica geniale”, in cui lui era al lavoro nel reparto regia, mentre io interpretavo il militante politico Pasquale Peluso. Da lì, non ho dimenticato la sua proposta e ho creduto nel progetto fin dall’inizio. Dopo anni di bandi, domande ministeriali e ricerca dei fondi ce l’abbiamo fatta. Abbiamo messo su un film giovane, realizzato da giovani, ma che abbraccia un pubblico vasto: il conflitto tra la realtà e il mondo virtuale appartiene a tutti, a prescindere dall’età anagrafica».  

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